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Lucia Menato

insegnante di scuola primaria


Mi accorgo solo in questi giorni del Centenario che ricorda Mario Lodi e i ricordi si affollano. Ripenso molto alla mia vita professionale che è stata nel segno del Maestro e poi cerco di dare un ordine ai ricordi. Rileggo la sua lettera, scritta nel 2000 con una calligrafia precisa e minuta, giunta inaspettata in risposta ad una mia richiesta e poi corro in biblioteca per cercare il numero de «La Vita Scolastica» su cui mi aveva risposto pubblicamente nella sua rubrica «Filo diretto con…». Avevo bisogno del parere di una persona esperta perché sentivo di lavorare con le mie classi in totale solitudine (e so che questo sentimento è diffuso nel mondo della scuola) e le sue parole mi scaldarono il cuore anche negli anni a venire, quando la fatica sembrava troppa: «il vostro libretto… è un poemetto a tante voci, nel quale c’è l’anima dei suoi piccoli poeti. Tante voci di un unico appassionato lavoro sulle parole della poesia».

In classe leggevo a voce alta poesie di autori classici e contemporanei, prendendomi tutto il tempo necessario e mi sembrava di essere come un giardiniere che semina e poi sa aspettare. Mi pareva in quei momenti che fosse come entrare in un bosco e raccogliere parole sconosciute, immagini sonore, pause feconde e silenzi importanti. Che fosse un luogo, quello della lettura, dove potevi incontrare personaggi in una foglia o dentro il cavo di un albero (e qui Mario Lodi com’era bravo!) e desideravo che i miei alunni quelle parole le tenessero in mano, come gemme preziose.

Nella mia didattica quotidiana c’era posto per tutto ciò che la tradizione ci ha consegnato (il dettato, il riassunto, la grammatica, i testi scritti), ma volevo che questi fossero strategie con i bambini protagonisti. E allora ecco che l’insegnamento di Mario Lodi si fece concretezza e scuola partecipata: accanto ai libretti di poesie, nacque un progetto di educazione ambientale con il quale il cortile della mia scuola sarebbe stato ampliato e reso a misura di bambino, un progetto in cui il Comune di Verona avrebbe ascoltato i bisogni dei bambini. Il plastico di un cortile sognato, le misurazioni nell’orto, le lettere al Sindaco (con tutte le colleghe del plesso che condividevano i progetti) non erano uno spreco di tempo, sapevo che il bello era raccogliere parole, idee ed emozioni.

E mi convinco oggi che le idee di Mario Lodi sono andate lontano e hanno dato molto frutto.

Grazie, amato Maestro!

Commento di Mario Lodi al lavoro dei bambini della scuola di Quinto (VR), insegnante Lucia Menato, in “La Vita Scolastica”, n.5, anno 55, 1 novembre 2000

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